Il Diritto di Contare (“Hidden Figures”)

Invito_UNIASIIl prossimo 24 Febbraio si terrà, presso la sede dell’ASI (Agenzia Spaziale Italiana) ed in collaborazione con l’ESA (Agenzia Spaziale Europea) una proiezione in anteprima del film “Il Diritto di Contare” (“Hidden Figures”) riservata soprattutto a studenti universitari. L’evento è stato organizzato insieme a BIS-Italia e vedrà attiva anche una nostra postazione per presentare le nostre attività e gli scopi della BIS.

Il limite delle iscrizioni è il 21 Febbraio. I posti sono limitati perciò affrettatevi. Sarà un’occasione per vedere il film in anteprima in un contesto ideale, per conoscere dei protagonisti del settore spaziale, e per incontrare la Sezione Italiana della BIS e discutere delle sue attività. Sia che partecipiate, oppure che non partecipiate, vi preghiamo di far circolare questa notizia usando, dove opportuno il tag: #IlDirittoDiContare. BIS-Italia ringrazia lo studio QuattroZeroQuattro per averci dato l’opportunità di partecipare agli eventi di anteprima di questo film: è stata un’esperienza interessante ed un’occasione preziosa.

Per gli studenti (anche non universitari) il link di prenotazione è questo.

Per il pubblico generico il link di prenotazione è questo.

Due parole sul film

cs Anteprima UNIASIIl film narra della partecipazione di un gruppo donne afro-americane laureate in matematica ai progetti che hanno visto l’America muovere i primi passi nel campo delle missioni con equipaggio a bordo, in particolare per quanto riguarda il programma Mercury. La sceneggiatura deriva dal libro dallo stesso titolo di Margot Lee Shetterly, che ha collaborato anche alla produzione, e che come molti altri si concentra su uno dei tanti aspetti dell’epica corsa allo spazio di solito ignorati e che rischiano di essere del tutto dimenticati, o perennemente trascurati.

Al giorno d’oggi, soprattutto per i giovani, può essere difficile immaginare cosa ci sia di così speciale in questa storia. Ma nel caso in questione si parla di un periodo storico, ed un ambiente sociale, nel quale la presenza nella stessa frase delle parole “donna”, “afro-americana” e “laureata”, poteva venire considerata come pura fantascienza. Eppure questo non è certo l’unico caso in cui persone di colore si sono distinte nei rami della scienza e della tecnologia. Si pensi anche che il famoso film “Indovina chi viene a cena”, dove si affrontava il problema dell’integrazione delle persone di colore anche ad un livello sociale più elevato (dove comunque esistevano i soliti pregiudizi), doveva ancora essere girato. Come ancora lontani si era dalle difficili proteste razziali del 1968, con la morte di M. L. King, e così via.

Ma non è un film solo sul dramma afro-americano: il ruolo della donna è implicitamente complice della storia. Anche oggi, soprattutto nella cultura della nostra società, si percepisce una disparità di trattamento in molti ambienti e per molte donne l’inserimento in determinate realtà lavorative può essere difficile, se non addirittura osteggiato. Sebbene la percentuale femminile nelle facoltà tecnico/scientifiche sia grandemente aumentata negli ultimi venti anni, rimangono presenti fattori (anche sociali, sin dall’età prescolare) che vogliono differenziare il lavoro e gli interessi della donna dai corrispondenti dell’uomo. Al tempo in cui il film è ambientati fine anni ’50, primissimi anni ’60, una donna lavoratrice non era certo una rarità, ma lo era se competitrice in un ambito prettamente maschile come quello dell’ingegneria ad alta tecnologia, ed in particolare quella aerospaziale. Capire le difficoltà e gli ostacoli che questi personaggi hanno dovuto superare può essere più difficile che capire il problema razziale.

Chi scrive lavora in contesti di alta tecnologia ed ha diverse colleghe tutte capaci e professionali nel loro lavoro, ma in generale la “condizione della donna” (per usare un termine un po’ abusato) in questi ambienti non è la stessa che si nota all’estero, come per esempio in Nord Europa e negli Stati Uniti, per lavoratrici simil grado. E’ indispensabile per le giovani studentesse confrontarsi con queste realtà straniere per capire che le difficoltà nel mondo dello studio e nel mondo del lavoro derivano dalla mentalità della nostra società, ancora spesso pesantemente arretrata. E riconoscere anche che esiste, sia nel mondo dell’educazione che in quello della propaganda televisiva, un’ampia categoria femminile che preferisce mantenere questo ‘status quo’ invece di alimentare un’evoluzione.

In questo film, a dispetto della traduzione italiana (il titolo anglosassone “Hidden Figures”, neutro, si poteva per esempio tradurre “Nell’ombra” catturando meglio così un’altra parte della storia), esiste anche un terzo aspetto parte integrante della storia e che ne allarga il contesto. Infatti il ruolo delle protagoniste (che in realtà ne rappresentano molte altre) tocca sia l’aspetto del razzismo e quello della presenza femminile nei settori della tecnologia e della ricerca, ma evidenzia anche quello che un esercito di tecnici ed ingegneri hanno avuto nella corsa allo spazio, nella corsa alla Luna e poi nel resto dei programmi spaziali. Si tratta di un ruolo fondamentale, senza il quale nessun astronauta sarebbe mai andato in orbita. In questo ambito, troppo spesso trascurato, si sono avuti successi geniali, avventure epiche, sconfitte esemplari ed anche molte tragedie. Lo svantaggio storico delle donne raccontante in questa storia è dunque peggiorato da un altro fattore: quello di vivere e lavorare all’ombra degli astronauti, come tante altre “hidden figures” dei programmi spaziali.

Speriamo che questo messaggio venga recepito dalle nostre scuole, di ogni ordine e grado e che il film sia spesso riproposto anche nel loro ambito. Non è esagerato dire che “Il Diritto di Contare” possa affiancare il blockbuster “Apollo 13” e la serie “Dalla Terra alla Luna” come required viewing per una migliore educazione all’epico inizio dell’era spaziale.

Il film è dunque una splendida occasione, educativa e divulgativa, per parlare di tutti questi aspetti, e delle difficoltà di un periodo storico che non hanno impedito a chi ne è stato protagonista di trasformare in pochi anni l’immaginazione in realtà.

Nota sugli “human computers”

Le donne del film erano inizialmente state assunte, come moltissime altre, come “human computers”. Il termine “computer” è antecedente alla rivoluzione digitale ed è per questo che nei primi anni di tale rivoluzione si aveva cura nel dire “electronic computer” perchè esisteva l’alternativa.

Gli “human computers”, di solito donne, ma non solo, erano persone in grado di svolgere calcoli di vario tipo, co-adiuvati dalle calcolatrici meccaniche ed elettromeccaniche da tavolo dell’epoca, e dai regoli calcolatori che hanno definito un’epoca ingegneristica. Dovendo eseguire algoritmi che richiedevano un grande numero di iterazioni, i progettisti ricorrevano al reparto “human computers” che veniva opportunamente organizzato come un diagramma di flusso umano dove i risultati venivano passati a catena, fino a produrre i risultati richiesti.

La presenza di “human computers” è citata anche da Richard Feynam, in uno dei suoi volumi di aneddoti autobiografici, in cui racconta proprio delle donne che con questo ruolo contribuirono al progetto Manhattan durante i primi anni ’40. E oggi basta una semplice ricerca con i termini “human computers” su Google per vedere immagini di un’altra epoca che illustrano, senza tante parole la dimensione dell’impegno.

Il ruolo degli human computers è descritto anche in questo libro di D. A. Grier dall’introduzione del quale prendiamo questa descrizione: the term “computer” referred to the people who did scientific calculations by hand. These workers were neither calculating geniuses nor idiot savants but knowledgeable people who, in other circumstances, might have become scientists in their own right.

Esiste però anche un altro ruolo, meno noto, protagonista nel campo spaziale almeno fino al programma Apollo, ed è quello degli human plotters. Anche qui operatori, soprattutto donne con qualifica tecnica, avevano il compito di tradurre i valori di telemetria ricevuti dalle missioni abitate in grafici (plots). Questo ruolo è ben descritto dall’intervista a Jack Garman, recentemente scomparso, che ha citato l’importanza di questo ruolo proprio nell’ambito del Controllo Missione a Houston: la decodifica (da dato grezzo a valore con unità misura occorre spesso una conversione) e generazione di grafici che mostravano l’andamento delle quantità nel tempo era un’attività da fare quasi in tempo reale ed affidata al ruolo degli human plotters.

Da un punto di vista generale si noti che il ruolo umano nell’eseguire calcoli e disegnare grafici è continuato per un lungo periodo dopo l’introduzione dei primi calcolatori elettronici per vari motivi tra cui il fatto che i primi computer non erano del tutto banali da programmare. Inoltre erano spesso dedicati ad elaborazioni in tempo reale o simulazioni delle missioni e semplicemente erano delle rarità non facilmente disponibili agli ingegneri ed ai ricercatori.