L’Italia va a Plutone, ma non diciamolo a nessuno

E’ incredibile vedere scienziati, ricercatori, ingegneri, tecnici, appassionati, tutti americani, sventolare la bandiera nazionale in segno di orgoglio per aver conseguito l’ultima tappa di una esplorazione del Sistema Solare cominciata 50 anni fa con il Mariner IV. E’ incredibile perchè da noi in genere queste cose succedono solo per le partite di pallone o altri eventi senza contenuto e facili a dimenticarsi. Ed in particolare, anche perchè da noi queste cose non succedono neanche nelle aziende che producono componenti e sistemi per l’esplorazione del cosmo, con grandissimi successi, ma senza alcun ritorno mediatico.

NH_stellariE’ questo proprio il caso di New Horizons che a bordo porta quello che è forse l’unico contributo non statunitense al progetto della missione. Due sensori stellari, detti “star trackers”, sono infatti installati a bordo della sonda e costituiscono il riferimento assoluto di assetto, indispensabile al successo della missione. Senza di loro non si sarebbe potuta mantenere l’antenna puntata verso la Terra durante il volo di crociera (per dieci lunghi anni), nè si sarebbe potuto orientare con elevata precisione la sonda in un continuo manovrare (per nove, intensi, giorni) effettuando foto ed altre misurazioni delle meraviglie del sistema costituito da Plutone e dalle sue lune. I due “stellari” come li chiamano poeticamente proprio dove li costruiscono con cura e precisione più che artigianali, e nel rispetto delle più severe norme di qualità, provengono dalle Officine Galileo, poi diventata Galileo Avionica, ed ora un’identità storica (ben 150 anni) persa nel nome generico di SelexES, appartenente al mondo di Finmeccanica. E non sono neanche due “stellari” qualsiasi, perchè è stato richiesto che potessero operare in due modalità completamente diverse: sia quando il satellite è puntato con una stabilizzazione a tre assi (per esempio durante le fasi di rilievo scientifico), sia quando il satellite ruota su stesso (stabilizzazione di “spin”) durante la fase di crociera. Prodotti eccezionali dunque, un gioiello della nostra industria.

All’interno dell’azienda giganteschi monitor ripetono i grandi successi del gruppo (soprattutto successi militari che indicano chiaramente dove va la maggior parte dei soldi dei contribuenti), ma nessuno ha pensato di usarli per evidenziare che l’Italia è stata un grande protagonista del successo di New Horizons, una missione spaziale a costo relativamente contenuto, complessa, ben fatta e ben gestita. Se ci limitiamo ai due stellari, questa missione ha portato l’ingegno, il lavoro e la passione tutta italiana di molti nostri connazionali fino su Plutone (e oltre se tutto va come deve andare), in un evento unico ed irripetibile. Lo stesso ingegno, la stessa passione che rendono questi ed altri prodotti, guarda caso, tra i migliori del mondo, e che come tali sono installati su moltissimi satelliti. Citiamone due in particolare, altri protagonisti di questo anno eccezionale per l’esplorazione del sistema solare, a cui ha partecipato la Galileo: una è Rosetta, che reca a bordo non solo due stellari, ma anche la favolosa Navcam che continua a restituirci immagini spettacolari della cometa; l’altra è Dawn, che dopo Vesta, ora è in orbita intorno a Cerere (il primo asteroide, il più grande, scoperto da un italiano, Piazzi), e dove lo strumento VIMS (uno spettrometro ad immagini per visibile ed infrarosso) sta svelando le proprietà della superficie di questi oggetti celesti assolutamente misteriosi.

Un altro aspetto negativo, che si nota solo se si ha il coraggio di andare all’estero con gli occhi ben aperti (e non per cercare la pizzeria più vicina), è l’assoluta mancanza di “team spirit” nelle nostre aziende. Guai a indossare una maglietta con il logo della missione, guai a vantarsi di aver partecipato ad un sensore, ad uno strumento, diventati famosi. Bisogna assolutamente denigrare tutto, minimizzare, deridere, buttando così nella spazzatura la ragione principale che dovrebbe muovere chi sa di fare un buon lavoro: l’orgoglio del successo. Nelle aziende degli altri paesi c’è una celebrazione continua dei propri successi e delle missioni su cui si è lavorato. Ci si riunisce, anche dopo anni dal lancio, per assistere ad eventi particolari, si scambiano “gadgets”, foto, e si espongono ricordi. C’è soddisfazione nei risultati, a dispetto dei problemi di tutti i giorni (che sono come i nostri) e si portano i figli in azienda per far vedere loro cosa fanno i genitori. E’ una dimensione in più che arricchisce e fornisce una prospettiva verso il futuro.

La nostra abulia nei confronti dei successi tecnico/scientifici italiani è pervasiva ed è evidente nall’atteggiamento sociale, nella banalità e imprecisione dei media, nella mancanza di interesse proprio da parte degli studenti di materie tecnico/scientifiche, nella generale ignoranza diffusa sulle tappe che costellano quella che l’ASI chiama “la strada per lo spazio”. Sarà pure vero che “la strada dello spazio passa per il nostro Paese”, ma di certo i cittadini non solo non la percorrono, ma la riempiono di spazzatura, oppure non fanno nulla per averne cura. Il problema di un’educazione centrata quasi esclusivamente su una cultura umanistica “letterario-artistica”, così ignorante da non capire che esplorare lo spazio, le caratteristiche della materia, le leggi della fisica, e quelle di tutte le scienze, fa tutto parte di una più completa cultura umanistica, non fa che produrre legioni di studenti annoiati. Oggi è per esempio difficile trovare ingegneri che abbiano capito cosa vuol dire fare l’ingegnere, e quelli che non l’hanno capito incolpano l’università, e chiunque altro faccia comodo, per lamentarsi che non trovano lavoro.

E’ una lunga catena di negatività che parta dalla famiglia, mattone della nostra società, attraverso la scuola, l’università ed al lavoro di aziende “leader” del settore: la negatività del non apprezzare quello che si fa, come lo si fa, e del perchè lo si fa. Non è vero che si producono sistemi per satelliti solo per soldi, non è vero che lavorare nel settore spaziale è come in un qualsiasi altro settore, non è vero che gli ingegneri, quelli veri, oggi sono solo impiegati. La realtà vera, innegabile, è che oggi 14 Luglio del 2015, l’Italia è arrivata vicino a Plutone, come parte di una missione eccezionale, assolutamente storica, portando con sè lo spirito di chi sa cosa fa, come lo fa e perchè lo fa, ma non ha il coraggio di dirlo a nessuno, perchè nessuno gli ha insegnato a farlo.

Image credit: JHU-APL. (modified by BIS-Italia)